Un percorso partecipato: il lavoro con le persone detenute

Un percorso partecipato: il lavoro con le persone detenute

Se ne è parlato anche al Sinodo 2025

Nel corso dell’ultimo anno la Diaconia Valdese CSD ha intensificato il proprio intervento sul complesso tema delle carceri, potenziando sia le attività progettuali che le azioni di advocacy.

Se ne è discusso anche in occasione del Sinodo valdese 2025, durante il quale la pastora Daniela Di Carlo ha presentato un ordine del giorno sul tema delle persone detenute, richiamando la collegialità del lavoro svolto. Questo documento è nato infatti dall’incontro fra diverse figure: pastore e pastori, membri di chiesa e persone impegnate nelle attività diaconali con chi si trova in istituti di pena. Lo scorso aprile, un seminario a Roma, ha permesso un confronto a tutto tondo su detenzione, giustizia, pene e reinserimento, offrendo anche proposte di “letture evangeliche” del tema (ne avevamo parlato in una nostra news).

Da quel workshop è nato l’ordine del giorno proposto al Sinodo che, dopo essere stato molto apprezzato in aula sinodale, ha ricevuto ulteriori emendamenti fino alla sua stesura definitiva.

Si è trattato di un percorso partecipato e condiviso da un vasto gruppo di persone, unite non da affinità ideali, ma dall’impegno concreto nel settore. Nei prossimi mesi ci saranno ulteriori occasioni per approfondire i mandati di questo importante documento, che farà da base per un convegno nazionale in programma a gennaio 2026.

Ascolta l'intervista di RBE al Presidente CSD e al past. Sciotto sul tema “Persone detenute”e leggi l'atto Sinodale riportato qui sotto.

Art. 54/SI/2025

Il Sinodo, premesso che

- davanti a Dio siamo tutti peccatori e il giudizio appartiene all’Eterno, ma che le persone sono chiamate alla consapevolezza degli errori commessi e alla responsabilità per le azioni compiute, siano esse ingiustizie, soprusi o violenze;

- l’ultima parola di Dio non è la punizione, ma che, grazie all’azione di Dio, le persone possono cambiare essendo l’Evangelo generatore di possibilità e di speranza per tutti e tutte;

- nelle parole “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27 della Costituzione) risuona un messaggio consonante con l’annuncio della grazia e della salvezza destinata da Dio a tutti e tutte;

denuncia

- la drammatica situazione di sovraffollamento degli istituti di pena in Italia e la mancanza delle basilari condizioni per una vita dignitosa;

- i fenomeni di discriminazione che si verificano nell’amministrazione della giustizia e nelle carceri e che colpiscono prevalentemente persone in condizione di povertà materiale e sociale, spingendo intere comunità alla marginalizzazione;

- la carenza di possibilità di lavoro per le persone detenute all’interno degli istituti penitenziari e il livello poco qualificante delle rare opportunità di lavoro, con mansioni per lo più ripetitive e inadeguate a preparare futuri inserimenti lavorativi;

- la precaria condizione sanitaria all’interno degli istituti penitenziari e la mancanza di opportunità per accogliere in comunità terapeutiche le moltissime persone detenute e tossicodipendenti;

- la difficile situazione delle persone transessuali in carcere e l’indifferenza dell’istituzione nei confronti delle violenze sessuali subite dalle persone detenute per umiliare e sottomettere i più deboli;

- il trasferimento di persone malate psichiatriche in strutture carcerarie, per la strutturale insufficienza delle REMS, e la loro condizione di persone “incurabili”, senza fine pena;

- l’impostazione dell’assistenza spirituale che vede la presenza quasi esclusiva di cappellani cattolico-romani a fronte di una popolazione con appartenenze religiose molto eterogenee;

- il progressivo sgretolamento delle tutele una volta previste dalla giustizia minorile, che ne facevano un modello a livello europeo e che ora, in particolare con l’applicazione del DL cosiddetto “Caivano”, vede i giovani (18-21 anni) all’interno del sistema penitenziario per adulti;

chiede alle chiese di testimoniare la liberazione annunciata da Gesù ai prigionieri

- vegliando, mediante la riflessione biblica e la preghiera, affinché la retorica securitaria, che si richiama unicamente agli strumenti repressivi, non si diffonda al proprio interno;

- contrastando narrazioni demagogiche, tese a creare pregiudizi nocivi in generale alla convivenza democratica, e specificamente ai processi di umanizzazione del carcere e della pena;

- incoraggiando i propri membri a pratiche di volontariato che aiutino le comunità ad essere direttamente presenti accanto a coloro con i quali il Signore si è esplicitamente identificato;

e di impegnarsi:

- ad essere luoghi sicuri, accoglienti e protetti dal clima di allarme sociale e ad essere capaci di confutare le narrazioni strumentali proponendo l’esperienza diaconale concreta dell’incontro;

- a favorire e sostenere chi promuove l’applicazione di pene alternative alla detenzione;

- a promuovere i programmi di giustizia riparativa sanciti dal D.lgs 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia) che ad oggi risultano essere ancora poco conosciuti e fortemente sottoutilizzati;

- a favorire, per quanto nelle loro possibilità, percorsi di reinserimento e accompagnamento di persone provate dall’esperienza detentiva;

chiede alla CSD e alle opere diaconali di testimoniare la liberazione annunciata da Gesù ai prigionieri nei loro progetti volti:

- al sostegno della genitorialità delle persone detenute, alle prese con stigma e difficoltà;

- ad essere accanto a tutta la comunità carceraria, compresa la polizia penitenziaria, educatori ed educatrici, assistenti sociali e personale infermieristico e medico che lavorano all’interno degli istituti penitenziari e che patiscono, per molti versi, le medesime sofferenze delle persone detenute;

- ad accompagnare le persone che escono dagli istituti penitenziari proponendo supporti e relazioni, facilitando servizi per la ricerca di una soluzione abitativa e accompagnando l’inserimento lavorativo;

- a promuovere, per quanto di competenza, presidi di supporto a percorsi di “giustizia riparativa”.