Volontariato visto da dentro

Volontariato visto da dentro

Intervista a due volontarie internazionali

La Diaconia Valdese ospita numerosi/e volontari/e internazionali in ambito di vari progetti, tra cui l’European Solidarity Corps (ESC), finanziato dall’unione Europea. Da ottobre 2022 a Milano sono presenti le volontarie ESC Joanna Dwornicka e Dilay Aslan che tra poco termineranno il loro servizio: a Joanna e Dilay quali abbiamo fatto qualche domanda – in una sorta di “intervista doppia” - sull’anno trascorso con noi affinché ci raccontassero il loro percorso, le loro aspettative e come questa esperienza le abbia cambiate.

 

1.  Innanzitutto puoi presentarti, raccontarci da dove vieni e perché hai scelto di fare volontariato in questo progetto, a Milano?

J.D. Vengo dalla Polonia, ho scelto di fare volontariato per fare qualcosa di differente e nuovo. Ho scelto questo progetto a Milano perché mi sembrava interessante, volevo fare qualcosa di simile, un’esperienza diversa che non avevo mai fatto, e perché mi interessava imparare l’italiano.

D.A. Ho 30 anni, sono una fotografa nel mio paese (la Turchia, ndr). Ho studiato pubbliche relazioni e pubblicità. Sono sempre stata interessata a progetti di responsabilità sociale, per questo ho voluto partecipare. Ero interessata a questo progetto anche perché, quando ero all’università, il mio progetto finale era sull’integrazione dei migranti. Mi ritengo una persona sensibile, e ho pensato che avrei voluto riuscire ad aiutare le persone.

 

2.    Cosa ti è piaciuto di più di questo anno di volontariato?

J.D. Mi è piaciuto conoscere persone di altri Paesi e mi sono piaciute le attività artistiche che ho fatto al Safe Space e le persone che ho incontrato in questo spazio.

D.A. Sono soddisfatta di essere riuscita ad abbattere i miei muri e le mie barriere. Stare con persone diverse mi ha permesso di fare nuove esperienze in cui ho imparato ad abituarmi e sapermi adattare.

Inoltre, ho potuto imparare nuove lingue, ad esempio l’inglese, che già conoscevo ma avevo imbarazzo nel parlarlo. Invece ora lo parlo con maggiore fiducia.

I primi mesi non sono stati facili, tra la lingua e nuove abitudini, ma ora sono contenta di aver imparato ad affrontare tutto.

Tra le attività, mi sono piaciute le attività con i bambini, per me è stato di grande valore vedere il loro apprezzamento e la loro gratitudine. Inoltre, mi piace l’attività fatta negli uffici di via Lorenteggio, dove mi sento utile con lo staff e ho avuto l’opportunità di incontrare rifugiati, sentendomi utile.

 

3.    C’è qualcosa che non ti saresti aspettata prima di partire?

J.D. No, diciamo che ero pronta per tutto quello che poi ho trovato.

D.A. Il vivere a Milano. La mia città è la più bella al mondo per me, o forse tra le prime cinque.

Non ero abituata alla vita milanese, né alla presenza di tante culture diverse, che non mi sarei aspettata prima.

Inoltre, fare amicizia qui non è stato facile, perché le persone sembrano un po’ chiuse, quindi ho trovato poche persone che sono poi diventate amiche.

 

4.    Qual è il ricordo più bello che porterai con te di questa esperienza?

J.D. Ricorderò le amicizie con le persone che ho conosciuto.

D.A. I primi 5 giorni a Torino, in occasione del primo seminario, mi sono sentita veramente bene. Gli altri volontari erano persone aperte, che non giudicavano. Mi sono sentita così in pace, perché mi sentivo nel posto giusto.

 

5.   Se potessi tornare indietro nel tempo e dare un consiglio alla te stessa che stava iniziando il servizio, cosa le diresti?

J.D. Consiglierei a me stessa di avere più pazienza in Italia e con gli italiani, laddove trovassi delle differenze culturali.

D.A. Direi a me stessa di essere paziente, di non tenere dentro un peso grande di emozioni o un senso di ansia e nervosismo. Mi direi che le cose con il tempo cambieranno, tutto andrà bene.

 

6.    Questa esperienza ha cambiato i tuoi progetti futuri? Cosa farai ora?

J.D. Non credo, avevo già delle idee per il futuro e continuerò a perseguirle. Ora dovrò trovare lavoro, non so ancora precisamente cosa, probabilmente quello che facevo prima.

Non penso di tornare in Polonia, forse stare qui mi ha un po’ influenzata in questo, ma stare all’estero era un’idea che già avevo.

D.A. Sì, perché ora mi piacerebbe stare in Italia. Vorrei imparare ancora meglio la lingua e magari trovare lavoro qui. Non ho ancora deciso cosa fare dopo questa esperienza, in questo momento non ho ancora le idee ben chiare.